La casella di posta aziendale personale dell’ex dipendente

Che cosa fare dell’account email aziendale personale, ossia riconducibile al dipendente o al collaboratore, alla cessazione del rapporto lavorativo? La tematica è ricorrente, anche nell’esperienza sanzionatoria.

La risposta breve è che l’account va disabilitato, attivando un risponditore automatico, e poi rimosso. Sul punto esiste una consolidata posizione del Garante per la protezione dei dati personali, da ultimo confermata nel provv. del 2 luglio 2020 [doc. web n. 9445180].

Se questa è la risposta sintetica, è vero che la materia si presenta ricca di implicazioni, anche rispetto agli adempimenti da predisporre e agli errori tipici da evitare.

In particolare, a voler estrarre una sintesi dalla casistica, ricorrono nell’approccio alla casella di posta elettronica dell’ex dipendente quattro errori tipici:

1 L’equivoco giuridico, ossia la confusione tra il piano civilistico e quello di protezione dei dati personali. Il fatto che l’account sia qualificato come uno strumento aziendale non implica infatti che sia sottratto alla disciplina “privacy”.

2. Il forward interno automatico delle mail in arrivo.

3. Dimenticare un terzo polo di diritti tutelati: i mittenti.

4. Ignorare le richieste di esercizio dei diritti degli interessati.

Per un approfondimento su questi passaggi, sulle modalità operative corrette e sulle ragioni giuridiche sottostanti, si rimanda più ampiamente a: Enrico Pelino, La mail aziendale dell’ex dipendente: quattro errori tipici e sanzionabili” per la rivista Risk Management 360.