L’avvocato Pelino relatore sul DSA

Locandina DSA-DMA

L’avvocato Enrico Pelino è intervenuto venerdì 15 marzo 2024 presso la prestigiosa Sala Consiliare del Comune di Pescara per presentare alcune delle novità introdotte dal Digital Services Act (reg. UE 2022/2065) e dal Digital Markets Act (reg. UE 2022/1925).

L’evento formativo, accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Pescara, con il patrocinio di AIGA, Giuffrè e dell’Associazione Cultura&Finanza, ha visto la presentazione del volume Digital Services Act e Digital Markets Act – Definizioni e prime applicazioni dei nuovi regolamenti europei.

I tre curatori dell’opera, gli avvocati Bolognini, Pelino, Scialdone, hanno esaminato le ragioni giuridiche, economiche e sociali alla base dei due atti normativi, tracciando brevemente i lineamenti della strategia europea dei dati e i criteri di legistica adottati nei due regolamenti.

Hanno quindi presentato, con esempi concreti, i primi effetti in termini di contendibilità del DMA e le applicazioni del DSA in termini di moderazione dei contenuti, tutela dei minori, sistemi di raccomandazione, segnalatori attendibili, con un approfondimento sulle necessarie garanzie per il processo elettorale.

Su quest’ultimo tema, di stringente attualità, in vista delle elezioni europee di giugno, l’avv. Pelino ha tracciato brevemente gli obblighi di valutazione del rischio imposti a VLOP e VLOSE dall’art. 34 DSA e commentato la recentissima richiesta di chiarimenti formulata dalla Commissione europea ad alcuni dei più influenti prestatori di servizi intermediari, quelli cioè che avranno presumibilmente un ruolo centrale nel prevenire abusi e manipolazioni ai danni degli elettori.

Al centro vi è l’attenzione per eventuali usi distorti di sistemi di intelligenza generativa. Il convegno è stato l’occasione di un’interessante tavola rotonda che ha affrontato la recentissima adozione dell’AI Act il 13 marzo scorso da parte del Parlamento europeo e le intersezioni della nuova disciplina con GDPR e DSA.

Presentazione del libro sul DSA-DMA

Oggi il nostro partner di studio, avv. Enrico Pelino, presenterà a Roma dalle 17:00 alle 19:00, presso Binario F, in Via Marsala 29H, il recentissimo volume dedicato al Digital Services Act e al Digital Markets Act, di cui è co-curatore e coautore. Qui la locandina.

E’ possibile collegarsi online all’evento, concepito anche come webinar, via Zoom al seguente link: https://us02web.zoom.us/j/82306974459.

Saranno presenti anche gli avvocati Luca Bolognini e Marco Scialdone, a loro volta co-curatori e coautori dell’opera.

Interverranno i Colleghi Maria Vittoria La RosaMassimiliano Nicotra e Fulvio Sarzana di Sant’Ippolito, che hanno firmato numerosi contributi di pregio del volume.

L’incontro, significativamente intitolato DSA+DMA:GDPR=X, si propone come prima riflessione degli impatti dei nuovi regolamenti europei sulla normativa in materia di protezione dei dati personali. Mai finora il legislatore dell’Unione aveva affrontato in maniera così organica e profonda i meccanismi di controllo dell’informazione digitale. I riflessi sociali, economici e perfino politici sono enormi.

Si pensi alla diffusione virale di contenuti, alla libera espressione delle idee, alla moderazione sulle piattaforme online, agli algoritmi di raccomandazione, alla pubblicità microprofilata, alla cessazione di fenomeni come lo shadow banning, ma anche al rapporto tra gatekeeper (ossia piattaforme di base, per così dire “infrastrutturali”) e libera concorrenza, dunque, per es., al ruolo dei marketplace.

Al webinar saranno inoltre presenti relatori di META, società multinazionale ampiamente interessata dal DSA e dal DMA, ponendo così le premesse per un dibattito attualissimo e aperto sul recepimento dei nuovi corpi normativi da parte di uno principali attori del mercato digitale.

Il Digital Services Act e il Digital Markets Act – in libreria

DSA e DMA sono i due pilastri normativi nella nuova disciplina europea dei mercati e degli spazi digitali. Che cosa prevedono, come si coordinano con le leggi esistenti, come incidono sull’economia, sulla manifestazione del pensiero, sulla manipolazione dei contenuti? Quali opportunità offrono e quali limiti, invece, espongono?

Sulla complessa tematica, di estrema attualità, siamo lieti di segnalare l’uscita del primo volume italiano di commento, per la collana “Tech e-Law” dell’editore Giuffrè.

L’opera, curata dall’avvocato Enrico Pelino, nostro partner di studio, assieme ai colleghi Luca Bolognini e Marco Scialdone, raccoglie, oltre ai contributi dei curatori, che sono anche co-autori, le riflessioni di firme d’eccellenza del diritto “digitale”.

I contenuti

Il volume tocca temi d’avanguardia come la disciplina dello shadow banning, sostanzialmente incompatibile con il DSA, delle tecniche di moderazione, dei cd. trusted flagger, ossia i segnalatori attendibili, dei dark pattern.

Volume_DSA-DMA

Cerca inoltre di tracciare i rapporti, ancora tutti da saggiare nell’esperienza applicativa, tra la nuova disciplina e il GDPR, ossia uno dei principali strumenti normativi attraverso i quali sono stati finora affrontati questi temi.

L’opera esamina in profondità l’argomento centrale del DSA, ossia l’accountability di piattaforme e motori di ricerca rispetto ai rischi sistemici dell’ambiente digitale, si pensi alla manipolazione dell’offerta informativa determinata dai sistemi di raccomandazione e dall’innesco, talvolta, di dinamiche di diffusione virale dei contenuti.

Qui: l’indice dell’opera e un breve estratto.

Ambizioni e realtà

Quella introdotta dal DSA è realmente la “nuova Costituzione digitale”, come enfaticamente sostenuto in occasione dell’entrata in vigore, oppure si tratta di un intervento normativo regressivo in tema di diritti? Il libro affronta luci e ombre del complesso corpo di regole.

E inoltre esamina in dettaglio la disciplina dei gatekeeper, ossia dei “guardiani” delle infrastrutture virtuali attraverso le quali viaggiano le iniziative imprenditoriali. Il DMA impone realmente regole di neutralità e di ripristino di una leale concorrenza? La risposta offerta da questa prima riflessione sistematica sul tema rivela al lettore un assetto ricco di sfumature e distinguo.

Buona lettura!

International School in Digital Governance: docenza dell’avvocato Pelino

Il nostro partner di studio, avvocato Enrico Pelino, ha aperto questa mattina la seconda edizione dell’International School in Digital Governance dell’Università di Pavia, con una docenza in materia di diritto alla protezione dei dati personali e diritto alla privacy.

L’International School in Digital Governance costituisce un corso di eccellenza nell’approfondimento della normativa di settore.

L’intervento ha affrontato differenze e aree di sovrapposizione dei questi due diritti fondamentali, ed esaminato i pilastri essenziali della disciplina collocandoli in una ricca casistica applicativa.

L’occasione è stata anche utile per tracciare gli elementi essenziali dei rapporti tra il GDPR e la vastissima legislazione recente dell’Unione europea in materia di strategia digitale e di data driven economy, dunque l’enorme crescita in complessità che sta registrando il diritto digitale.

In particolare, vanno menzionati il fondamentale pacchetto sui servizi digitali, composto dal DSA (Digital Services Act, reg. UE 2022/2065) e dal DMA (Digital Markets Act, reg. UE 2022/1925) e il DGA (Digital Governance Act, reg. UE 2022/868) in materia di condivisione e riutilizzo di informazioni.

Il quadro è completato dalle proposte di DA (Data Act) e soprattutto di AI Act. Quest’ultimo strumento di disciplina, su cui si concentra un vivace dibattito, darebbe all’Unione il primato mondiale nella regolamentazione organica dei servizi di intelligenza artificiale.

Google deve rimuovere i contenuti diffamatori anche in mancanza di accertamento giudiziale

Di che parla la nuova normativa DSA-DMA e che cosa ha stabilito di recente la Corte di giustizia, sentenza C-460/20, in merito alla rimozione di contenuti diffamatori?

Partiamo con ordine. Le piattaforme social, es. Twitter, Instagram, Facebook, TikTok, i motori di ricerca (il pensiero va innanzitutto a Google), i marketplace sono tecnicamente “intermediari della società dell’informazione”. Non sono gli unici esponenti della categoria, ne sono certamente i più rappresentativi, quelli cioè che determinano in concreto la forma dei flussi di informazioni e incidono sulla comunicazione e sul successo di attività imprenditoriali online, ma anche semplicemente sulla formazione culturale del Paese. Perché?

Perché l’intermediario è così determinante?

Bloccare una pagina per un’impresa o un professionista ha ripercussioni evidenti sulla capacità di stare sul mercato. Collocare un sito in una posizione sfavorevole nella lista dei risultati di un motore vuol dire sottrargli visibilità e potenziali clienti. Incidere sulla presenza di notizie in rete, favorire una determinata tipologia di contenuti, indurre le persone a cedere dati personali e dare dunque visibilità a spazi privati, talvolta intimi, tutto questo vuol dire esercitare una profonda influenza sociale, plasmante dei modi di pensare, di esprimersi, di prestare o non prestare attenzione a stimoli. Mettere a disposizione dati personali per rendere micro-mirate (micro-targeting) campagne politiche, come si è visto (ma solo per citare uno dei tantissimi esempi) nello scandalo Cambridge Analytica, ha effetti di dirottamento delle scelte elettorali, pertanto conseguenze dirompenti sulla tenuta stessa dell’assetto democratico.

L’intermediario è dunque chi sta in mezzo tra coloro che immettono contenuti e coloro che ne fruiscono (ruoli spesso interscambiabili), è chi regola il flusso delle informazioni, chi decide attraverso decisioni automatizzate quali informazioni vanno promosse e come estrarre intelligenza dalle informazioni, determinando per esempio l’incentivazione o la disincentivazione di contenuti, si pensi ai sistemi cd. di “raccomandazione” algoritmica.

Disciplinare gli intermediari: il DSA e il DMA

Il grande protagonistica dell’era dell’informazione è dunque l’intermediario, è nell’intermediario che si concentra il potere.

Finora questo potere è stato ampiamente lasciato all’autoregolamentazione, alle condizioni generali di servizio, dunque all’autodeterminazione privatistica, e a una manciata di articoli nella direttiva 2000/31.

Oggi il quadro giuridico cambia, almeno in parte, e il diritto interviene in maniera più pregnante a stabilire regole, disciplinare gli intermediari e i loro doveri di diligenza. Il corpo principale della nuova normativa è costituito, com’è noto, dalla coppia DSA (Digital Services Act) e DMA (Digital Markets Act). Il primo è maggiormente focalizzato sulla libertà di espressione, sulla trasparenza, sui reclami, su profili limitrofi alla protezione dei dati personali, sulle regole di due diligence da osservare per limitare i contenuti illeciti, il secondo è diretto alla costruzione di un sistema di regole di mercato, alla tutela della concorrenza, alla protezione delle parti deboli, alla limitazione dei poteri dei gatekeeper, alla lettera “guardiani dei cancelli”, ossia le grandi società che dominano il mercato, stabilendo chi sta dentro e chi sta fuori.

La sentenza CGUE C-460/20

Non bisogna però attendere il 17 febbraio 2024 e il 2 maggio 2023-25 giugno 2023,ossia le date in cui rispettivamente il DSA e il DMA avranno piena e completa applicabilità. Strumenti giuridici di rilevante efficacia sono già forniti dal GDPR. Prendiamo il caso di cui si è occupata la Corte di giustizia dell’Unione (CGUE) nella vicenda Google, C-460/20, decisa con sentenza dell’8 dicembre 2022.

Due interessati si dolevano del fatto che Google proponesse contenuti lesivi della loro reputazione, il diritto alla protezione dei dati personali è infatti legato (come tutela dell’immagine) anche al diritto alla reputazione e all’onore. Si trattava di notizie che presentavano, secondo gli interessati, elementi di inesattezza, ne chiedevano pertanto al motore di ricerca la rimozione dalla lista dei risultati ai sensi dell’art. 17 GDPR.

Questa norma infatti, di regola associata al diritto all’oblio, riconosce in senso più ampio il diritto alla cancellazione di dati che non appaiano conformi alla normativa.

Google rifiutava di procedere all’eliminazione dei link, sul presupposto che mancava una pronuncia giudiziale di accertamento dell’illiceità dei contenuti. La Corte ha invece ritenuto che non si possa far carico all’interessato dei tempi e degli oneri necessari all’ottenimento di una pronuncia giudiziale. L’intermediario (la pronuncia è evidentemente esportabile all’intera categoria) è invece chiamato a una valutazione di massima sulla verosimiglianza delle allegazioni dell’interessato ed è tenuto ad applicare l’articolo 17 citato, pur senza essere tenuto a un ruolo attivo di indagine.

Certo, osserva la Corte, occorre esercitare particolare prudenza nella rimozione di contenuti dalla società dell’informazione e occorre evitare che scelte eccessivamente cautelative degli intermediari possano determinare una rimozione troppo facile di informazioni. Per approfondire questi temi, la diramazione concettuale che aprono e alcuni passaggi centrali della sentenza citata, mi permetto di rimandare al mio contributo dal titolo “La custodia dei contenuti nella società dell’informazione: osservazioni sulla sentenza CGUE C‑460/20” pubblicato sul numero 1-2023 della Rivista elettronica di diritto, economia, management, pp. 99-105.