Sorveglianza algoritmica e diritti dei lavoratori

Prevede l’art. 1-bis del d.lgs. 152/1997, al primo comma: “Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300“.

La norma è stata introdotta dal cd. “decreto trasparenza” (d.lgs. 104/2022), ed è in vigore dal 13 agosto 2022.

E’ una disposizione che presenta evidenti criticità. Da un lato non aggiunge nulla al sistema di tutele, essendo l’informativa già prevista dall’art. 13 GDPR, dall’altro sembra legittimare surrettiziamente sistemi di sorveglianza algoritmica.

Finalmente, con provvedimento pubblicato il 24.1.2023, il Garante per la protezione dei dati personali ha preso posizione sulla novella, contestualizzandola nel sistema delle fonti, dove occupa posizione evidentemente recessiva non solo rispetto al GDPR, ma anche rispetto a una serie di norme nazionali primarie, tra le quali sia l’art. 4 Statuto lavoratori sia l’art. 8 della stessa legge e l’art. 10 d.lgs. 276/2003.

In sostanza, il complessivo quadro di regole (e di divieti) resta immutato, gli unici apporti del decreto trasparenza in materia algoritmi nel contesto lavorativo riguardano semmai integrazioni a quanto già dovuto in tema di informativa. Dovranno per esempio essere specificate al lavoratore:

  • le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni;
  • le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità;
  • il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse.

Per un approfondimento sul tema e sulla posizione espressa dal Garante, si rimanda al dettagliato commento dell’avv. Enrico Pelino pubblicato sulla rivista Cybersecurity360: Algoritmi di sorveglianza e diritti dei lavoratori: i chiarimenti del Garante.