Il Digital Services Act o “DSA” si occupa anche di shadow banning. Cominciamo tuttavia da una definizione.
Che cos’è lo shadow banning
L’espressione, di uso diffuso, descrive il fenomeno della cancellazione o della retrocessione di contenuti digitali, effettuata da piattaforme e motori di ricerca in modo silente, appunto “shadow“.
Si tratta dunque dell’applicazione di misure punitive dirette a sopprimere o, più spesso e più insidiosamente, a depotenziare contenuti sgraditi e talvolta a isolare dalla comunità di riferimento gli account dei soggetti che li hanno pubblicati.
L’area concettuale dello shadow banning del resto esonda quella della moderazione di contenuti in senso stretto e può riguardare anche la retrocessione di concorrenti commerciali sgraditi da spazi di visibilità digitale, ad es. dal ranking sui motori di ricerca.
Sostanzialmente si tratta di una tecnica di manipolazione della visibilità dei contenuti, che ha fruito di singolare sostegno per un complesso di ragioni, anche riconducibili a un’accezione privatistica dei servizi digitali ampiamente incompatibile con la tutela che l’ordinamento giuridico riconosce al sistema dei diritti.
Le difficoltà probatorie
Declassamento silente equivale a estrema difficoltà probatoria. E’ facile comprendere perché: non si offrono, diversamente dalla graduatoria di un concorso, regole e parametri che permettano di stabilire quale sia il posizionamento che un determinato contenuto dovrebbe avere. I sottostanti algoritmi sono del resto proprietari e segreti.
Sono invero normalmente catturabili da parte dell’utente medio, e comunque non senza difficoltà, solo fenomeni di esclusione completa o di retrocessione improvvisa e macroscopica, non forme progressive di diluizione.
Che cosa prevede il DSA
A parere dello scrivente, ferma restando la necessità del contrasto di fenomeni d’odio, di bot farm, di contraffazioni evidenti, è palese la generale contrarietà dello strumento in parola alle clausole generali di buona fede e di correttezza, come è del resto per tutte le forme celate di intervento sulla comunicazione altrui.
A questi ragionamenti giuridici in chiave generale, si può affiancare oggi la tutela verticale e mirata introdotta dal DSA, che poggia altresì su una definizione giuridica, la prima, dello shadow banning.
Ne ho scritto per Agenda Digitale, esaminando alcune disposizioni della recente normativa, rimando perciò più ampiamente il lettore al mio articolo “Shadow banning, così lo affronta il Digital services Act”. Buona lettura.