Stop alle telefonate commerciali indesiderate! Ecco come fare

Le telefonate commerciali indesiderate sono giustamente percepite come un disturbo e un’invasione della sfera privata.

Come difendersi?

Esistono strumenti molto pratici, ma non sempre conosciuti, per contenere l’attività abusiva, guardiamoli insieme.

Questa breve guida spiega, in termini molto semplici:

  • che cos’è e come funziona il registro pubblico delle opposizioni
  • come segnalare un illecito
  • le conseguenze penali

Il Registro pubblico delle opposizioni

Il Registro pubblico delle opposizioni (RPO) è un elenco creato dallo Stato, nel quale ogni persona fisica può iscrivere le proprie utenze telefoniche. Con l’iscrizione, gratuita e senza scadenza, si esprime il diritto di opposizione alle telefonate commerciali indesiderate. Una volta espressa l’opposizione, chi ci contatta per attività di telemarketing, a meno che non disponga di un nostro specifico e valido consenso successivo all’iscrizione, pone in essere un trattamento illecito.

Per chi svolge attività di telemarketing, la consultazione del Registro è invece a pagamento e costituisce un obbligo, spesso violato.

Il Registro riguarda tutti i numeri telefonici nazionali, fissi e mobili. L’iscrizione dell’utenza annulla i consensi alla pubblicità precedentemente espressi, restano invece validi i consensi rilasciati dopo l’iscrizione. Si potrà però sempre essere contattati dai soggetti con cui si ha un contratto continuativo (ad esempio i gestori delle utenze telefoniche ed energetiche).

L’opposizione può riferirsi anche alla pubblicità cartacea, nel caso in cui l’indirizzo sia presente negli elenchi telefonici pubblici.

Come iscrivere un numero di telefono al RPO

  • tramite web sul sito https://registrodelleopposizioni.it/, accedendo alla funzione “iscriviti” e compilando il modulo ivi presente, in cui deve essere indicato il numero di telefono che si vuole iscrivere, nonché un’email di contatto. Dopo aver inserito il numero viene richiesta la verifica della disponibilità dello stesso, per evitare abusi. Occorrerà quindi, entro 5 minuti, chiamare dall’utenza per cui si chiede l’iscrizione il numero 06 4298 6415. Il sistema riceve la chiamata e aggancia senza rispondere. Il numero a questo punto sarà verificato e si potrà concludere il processo di iscrizione cliccando sul tasto “prosegui”;
  • tramite telefono, chiamando il numero verde 800 957 766 (per i numeri fissi) o lo 06 42986411 (per i cellulari) dal numero che si vuole iscrivere nel Registro. Il sistema funziona mediante risponditore automatico, ma in caso di difficoltà o problemi è possibile parlare con un operatore;
  • tramite email, inviando il modulo (disponibile sul sito del RPO) completo del numero di telefono che si vuole iscrivere all’indirizzo iscrizione@registrodelleopposizioni.it e seguendo quindi le istruzioni che perverranno tramite mail.

Funzionalità del Registro

  • Iscrizione, come appena visto sopra, rende illecite le chiamate di telemarketing. Occorre tuttavia attendere il decorso di 15 giorni.
  • Rinnovo, consente di aggiornare l’iscrizione, annullando gli eventuali consensi eventualmente prestati dalla data di prima iscrizione.
  • Revoca selettiva, offre la possibilità di revocare selettivamente l’opposizione nei confronti di specifici operatori.
  • Cancellazione, elimina l’iscrizione del numero dal RPO.

In caso di cancellazione, è sempre possibile iscriversi nuovamente, così ancora una volta revocando i consensi espressi nel frattempo.

Le sanzioni

La violazione del diritto di opposizione e dunque la mancata osservanza degli obblighi di consultazione del Registro da parte degli operatori di telemarketing costituisce violazione della normativa sulla protezione dei dati personali (art. 130 Codice privacy) e prevede l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie fino a € 20.000.000,00 o per le imprese fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.

Segnalare un illecito

Che cosa fare se si viene contattati lo stesso, nonostante l’iscrizione dell’opposizione nel Registro?

La prima cosa da fare è contestare all’operatore che ci sta chiamando che l’utenza è iscritta nel Registro pubblico delle opposizioni e diffidarlo dal ricontattarci in futuro. Questa semplicissima linea di difesa si rivela efficace nella maggior parte dei casi, perché rende palese all’interlocutore che l’utente chiamato ha consapevolezza della normativa.

Se il disturbatore indica che l’iscrizione è scaduta (è una tecnica frequentemente utilizzata), sappiate che sta mentendo: l’iscrizione al Registro non ha scadenza. Suggeriamo a questo punto di chiedere, ai sensi dell’art. 15 GDPR (menzionate espressamente “l’art. 15 GDPR”), chi è il titolare del trattamento e dove sono stati reperiti i vostri dati personali. Dovete sapere che chi vi sta telefonando ha il dovere di fornire queste informazioni. Siate irremovibili. Tipicamente, a questo punto il disturbatore desisterà riagganciando.

In ogni caso, suggeriamo di segnalare l’abuso subìto. E’ semplicissimo: sul sito del Registro è presente la sezione “Segnala un illecito”.

Attraverso il modulo elettronico messo a disposizione dal Garante per la protezione dei dati personali è possibile in pochi e semplici passi segnalare, senza costi, all’Autorità le telefonate commerciali indesiderate, fermo restando che è sempre possibile depositare gratuitamente un reclamo ai sensi dell’art. 77 GDPR (ma è procedura più complessa). La segnalazione è estremamente rapida e facile, il modulo può essere direttamente aperto anche da qui: segnala in illecito.

Illeciti penali

La violazione dell’opposizione al Registro costituisce, ai sensi del Codice privacy (d.lgs. 196/03), espressa fattispecie di reato in caso di telemarketing abusivo. Si tratta dell’art. 167, co. 1, rispetto alle violazioni dell’art. 130. E’ prevista la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi.

Ai fini dell’integrazione di tale fattispecie criminosa occorre:

  • il dolo specifico specifico dell’agente, ossia l’intenzione di trarre profitto o di arrecare danno;
  • il nocumento alla persona offesa.

Che cosa si intende per “nocumento”? La Corte di Cassazione ha in proposito ricordato che “il concetto di nocumento è ben più ampio di quello di danno, abbracciando qualsiasi effetto pregiudizievole che possa conseguire all’arbitraria condotta invasiva altrui. Possono, dunque, escludersi dalla sfera del penalmente rilevante solo quelle condotte che, pure intrusive, siano rimaste del tutto irrilevanti nelle loro conseguenze” (Cass. pen., Sez. III, 10 settembre 2015, n. 40356. Cfr. anche Sez. III, 13 marzo 2019, n. 20013).

Si potrà dunque valutare di presentare denuncia nelle sedi competenti a riceverla (questure, commissariati di pubblica sicurezza, Arma dei Carabinieri). Il reato di cui al primo comma dell’art. 167 Codice privacy è procedibile d’ufficio.

Il nostro studio legale è a disposizione per ogni richiesta di assistenza in materia di telemarketing abusivo, ad esempio in ambito penale o assistendo nella procedura di reclamo al Garante per la protezione dei dati personali.

Meta: pagare per non essere profilati. E’ lecito?

Il 30 ottobre 2023 Meta ha confermato che offrirà le proprie piattaforme (Facebook, Instagram) senza pubblicità, mirata o generalista, dietro pagamento di una quota d’abbonamento.

Si pagherà cioè per non essere fatti oggetto di profilazione (questo è il termine tecnico, cfr. art. 4.4 GDPR) e di marketing “targhetizzato”, ossia costruito sulla misura di quella profilazione.

Che cos’è la pubblicità mirata? Facciamo un esempio. Sono in difficoltà e cerco un prestito? La piattaforma raccoglie questa informazione e mi invia pubblicità specifica su mutui e prestiti. Sono stato profilato come qualcuno che ha bisogno di denaro.

Oppure semplicemente ho guardato un contenuto generalista di scarsa qualità? Gli algoritmi della piattaforma mi inondano di canali spazzatura.

E chi non paga il nuovo servizio “premium” proposto da Meta? Continuerà a essere profilato. Ossia: pagherà non in denaro ma in diritti, dunque in cessione di spazi di riservatezza.

L’utente in tal caso continuerà cioè a essere il “prodotto” venduto a terzi dal fornitore delle piattaforme social.

Se non altro, l’annuncio della multinazionale statunitense serve a suggerire al grande pubblico un’idea del valore economico dei nostri dati, del giro d’affari che permette, della realtà delle cose: l’utente è una merce.

In questo contesto, continua a colpirmi che i fruitori del servizio inondino le piattaforme social dei dettagli più intimi della propria vita e persino di quella di minori.

Ma la normativa che cosa prevede?

Ora, dobbiamo chiederci se il modello di business costruito da Meta sia lecito. Se, in altre parole, sia consentito chiedere un pagamento contro l’impegno di non profilare per finalità di marketing.

Innanzitutto, dobbiamo domandarci: lecito o illecito rispetto a quale disciplina giuridica? Rispetto innanzitutto al GDPR (reg. UE 2016/679) e alla dir. e-Privacy (dir. 2002/58), che si dimostrano ancora una volta fondamentali presìdi di tutela.

Bene, non può che fornirsi risposta negativa, ossia: no, non è lecito, almeno a parere di chi scrive.

Osta infatti a una profilazione by default sia la mancanza di un’idonea base giuridica sia la regola della data protection by default, ossia la sussistenza di un principio esattamente opposto alla profilazione per impostazione predefinita.

Eppure la decisione di Meta è presa. E’ del tutto naturale collegarla al “modello paywall”, che, in assenza di provvedimenti del Garante, si è affermato di fatto nell’editoria italiana.

La logica infatti è la stessa: si è profilati senza scelta nel servizio base, per non esserlo occorre scegliere un’opzione premium a pagamento.

Per un’analisi giuridica più dettagliata e per il collegamento logico con il modello paywall, rimando il lettore al mio articolo di approfondimento pubblicato oggi da Agenda Digitale: Facebook e Instagram a pagamento: ma la privacy non può essere un servizio premium.

Conclusioni

In definitiva, lo schema di Meta e il modello paywall costituiscono la normalizzazione di un completo rovesciamento del sistema giuridico: pagare per vedersi riconosciuti diritti che già hanno.

E’ una situazione resa evidentemente possibile da rapporti di forza e mancate reazioni. Lo scenario che si palesa è decisamente distopico, anche perché l’estrema frammentazione della platea degli interessati (in definitiva qui gli utenti finali) non pone certo le condizioni perché l’intera materia sia portata all’attenzione del giudice ordinario.