Parte prima
Dal 25 maggio 2020 una significativa parte delle realtà produttive ha finalmente riaperto i battenti e con la riapertura sono arrivate purtroppo le prime, non gradite, sanzioni.
Vediamo allora insieme quale sia in questa fase il rischio giuridico per l’imprenditore e come identificarlo, e dunque contenerlo, in modo da proseguire con serenità l’attività economica e garantire sicurezza sui luoghi di lavoro, tutelando la privacy di dipendenti e terzi e prevenendo la diffusione del contagio.
Il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 24 aprile 2020, che ha aggiornato la versione del 14 marzo 2020, e le “Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche e Produttive” del 16 maggio 2020 della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome forniscono indicazioni operative per il contrasto e la diffusione del virus negli ambienti di lavoro non sanitari.
Le misure riportate nei citati documenti, di cui appresso vediamo solamente i principali, devono essere integrate dall’imprenditore con procedure e istruzioni operative specifiche, a seguito di un’attenta valutazione del rischio che coinvolga figure chiave come l’RSPP, il Medico Competente e l’RLS.
Fare ordine nell’incertezza normativa
Va innanzitutto notato che per l’imprenditore un elemento di incertezza nella situazione attuale è costituito dal sovrapporsi di fonti precettive, o in alcuni casi soltanto ritenute tali, di livello e provenienza diversa: DPCM collegati, ma non sempre in maniera eccellente, con soprastanti decreti legge, protocolli sottoscritti da parti sociali richiamati a loro volta da DPCM, ordinanze regionali, ordinanze comunali, linee guida della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, FAQ amministrative, risposte a quesiti di privati, dichiarazioni istituzionali su social network, misure decise da associazioni di categoria, ecc.
In questa situazione, rischia di venire penalizzata la certezza del diritto. Per questo è importante farsi assistere da un professionista giuridico, che potrà, se necessario, individuare anche linee efficaci per contestare misure sanzionatorie in un contesto di regole non sempre scolpite con precisione.
Qui di seguito comunque ci soffermeremo su alcuni punti soltanto con un approccio semplificato e per macrotemi.
COVID-19 E SICUREZZA SUL LAVORO
Il contagio da coronavirus (SARS-Cov-2) in occasione di lavoro è qualificato come “infortunio sul lavoro” con conseguente attivazione della tutela assicurativa INAIL.
Sebbene nei casi di accertata infezione da coronavirus in occasione di lavoro gli oneri degli eventuali eventi infortunistici, ex art. 42, co. 2, D.L. n. 18 del 17/03/2020, convertito con L. n. 27 del 24/04/2020, gravano sulla gestione assicurativa e non incidono sul premio pagato dal singolo datore di lavoro, come precisato anche nelle circolari INAIL n. 13 del 3/4/2020 e n. 22 del 20/5/2020, di non poco momento sono i rischi che gravano sul datore di lavoro in caso di contagio.
[expandsub1 title=”Quando il contagio si ritiene avvenuto in occasione della prestazione lavorativa?” tag=”h5 style=’margin-left: -15px; margin-top: 40px;'” alt=”cliccare per leggere” trigclass=”arrow-right” rel=”fin-highlander”]
Come indicato nelle sopra indicate circolari dell’INAIL, non può desumersi alcun automatismo ai fini dell’ammissione a tutela dei casi denunciati. Occorre verificare che l’azione di fattori microbici o virali, come appunto nel caso di specie, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa, attraverso un accertamento rigoroso dei fatti e delle circostanze che facciano desumere che il contagio sia avvenuto in occasione di lavoro.
Sulla base dunque di un giudizio di ragionevole probabilità viene riconosciuta l’origine professionale del contagio. Il riconoscimento è, precisa l’INAIL, totalmente avulso da ogni valutazione sull’imputabilità di eventuali comportamenti omissivi del datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio.
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[expandsub2 title=”L’INAIL ha azione di regresso nei confronti dell’imprenditore?” tag=”h5 style=’margin-left: -15px'” alt=”cliccare per leggere” trigclass=”arrow-right” rel=”fin-highlander”]
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[expandsub3 title=”Quali implicazioni sulla responsabilità civile e penale?” tag=”h5 style=’margin-left: -15px'” alt=”cliccare per leggere” trigclass=”arrow-right” rel=”fin-highlander”]
• responsabilità civile
• responsabilità penale
• responsabilità amministrativa dell’ente con elevatissime sanzioni pecuniarie, e gravi misure interdittive (si pensi ad esempio a quelle emanate in applicazione del GDPR e del Codice privacy).
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[expandsub4 title=”Come incide la denuncia di infortunio sul lavoro da contagio con tali responsabilità?” tag=”h5 style=’margin-left: -15px'” alt=”cliccare per leggere” trigclass=”arrow-right” rel=”fin-highlander”]
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COVID-19 E TUTELA DEI DATI PERSONALI
Le misure da adottare per contrastare la diffusione del contagio richiedono in alcuni casi il trattamento dei dati personali di dipendente, clienti, fornitori, utenti e visitatori. È questo ad esempio il caso in cui sia presa la temperatura corporea e siano effettuate domande di “triage” (provenienza, sussistenza di relazioni con soggetti a rischio, stato di salute, ecc.).
Alcune di queste domande, ancorché raccomandate da soggetti istituzionali, vanno coordinate con la normativa giuslavoristica e privacyistica, prima di essere adottate.
In particolare, invitiamo a fare attenzione a un punto chiave: attenersi scrupolosamente alle disposizioni contenute nelle linee guida e nei protocolli non autorizza a “dimenticare” le norme in materia di protezione dei dati personali, e il mancato rispetto della privacy e della riservatezza espone l’imprenditore/datore di lavoro al rischio di:
– procedimenti di reclamo/segnalazione davanti all’Autorità Garante
– irrogazione di ordinanza-ingiunzione e di misure correttive con conseguenti elevatissime sanzioni, individuabili anche nella fascia che arriva, nel massimo edittale, fino a venti milioni di euro o al 4% del fatturato mondiale annuo dell’esercizio precedente, se superiore
– responsabilità risarcitoria in sede civile per danno da violazione dei dati personali.
Si pensi alla diffusione di dati sanitari che può inavvertitamente derivare dall’avere misurato la temperatura di un soggetto in uno spazio pubblico o le implicazioni privacy che derivano dalla scelta di conservare le informazioni sulla temperatura o altri dati di triage e di farlo per una certa durata temporale.