Ha suscitato notevole interesse l’annuncio di nuovi applicativi basati sull’intelligenza artificiale (AI), e in particolare su tecniche di machine learning, da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza per il contrasto all’evasione.
Sappiamo da notizie di stampa che il software dell’Agenzia delle Entrate si chiama “VeRA”, e poco altro. Infatti, nonostante la notizia circoli da mesi, gli unici spiragli per cogliere veramente dimensioni e caratteristiche del trattamento vengono dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali.
Perché i dati personali? Perché il trattamento si colloca in pieno GDPR, racconta moltissimo dell’attività relazionale di ciascuno, della vita privata, delle scelte, e richiede una DPIA, in quanto sussiste probabilità di rischio elevato per i diritti e le libertà. E’ questa la condizione che innesca appunto l’adempimento, ex art. 35 GDPR.
Intendiamoci: l’obiettivo ultimo, quello di contrastare l’evasione, è assolutamente necessario e commendevole, urgente. Va conseguito. Il punto è come, e soprattutto se i mezzi siano proporzionati nell’impatto sulla sfera privata e trasparenti nel funzionamento.
Si pone cioè il più classico dei dibattiti: stiamo introducendo un sistema di controllo proprio di uno Stato della sorveglianza, con il pretesto del conseguimento di una finalità di assoluto e preminente interesse pubblico, oppure stiamo soltanto facendo uso di quanto strettamente necessario?
Per più ampie riflessioni e per un approfondimento sulle banche dati che alimenteranno il sistema, sia permesso rimandare all’articolo dell’avv. Pelino “App ‘VeRA’ dell’Agenzia delle Entrate” pubblicato su Agenda Digitale